Ciao Paolo

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Paolo Pagani patron della “Trattoria da Vito” ha lasciato soli i suoi amici. Aveva iniziato a lavorare nello storico locale a Bologna da ragazzo. Diceva spesso che era nato l’anno di apertura della Trattoria e della fondazione di Confesercenti. L’attività era stata aperta da Giovanni, fratello di Vito, e al ritorno dalla prigionia Vito e la mamma di Paolo, Rosa Fenara che stava in cucina, lo affiancarono nella gestione. Vito Pagani era col Duca d’Aosta sull’Amba Alagi e dopo la resa della guarnigione con l’onore delle armi venne mandato dagli inglesi prima in India e poi in Australia. Quando torno’ in Italia andò ad abitare nel Quartiere Cirenaica e cominciò a fare l’oste nella Trattoria in Via Paolo Musolesi 9.

Paolo ha ereditato il locale dal padre quando se ne è andato nel 1997. É stato un soggetto importante della storia musicale Bolognese e non solo. Simpatico e accogliente fece diventare la Trattoria il ritrovo di artisti, intellettuali e cantautori. Vito osservava scettico con la sigaretta all’angolo della bocca. La consumazione non era strettamente obbligatoria, e neppure cenare. Paolo non cacciava fuori nessuno. Nemmeno quelli che stavano seduti o in piedi intorno ai tavoli. Le compagnie teatrali e gli attori cenavano dopo gli spettacoli. Molti cantautori sono cresciuti in questo luogo e artisti già affermati lo frequentavano. Paolo ospitava con gioia e generosamente fino a tardi amici e conoscenti che conversavano, giocavano a carte e spesso improvvisano concerti per la gioia dei presenti.

Paolo Pagani

Alle 02:00, l’attività chiudeva e dentro rimanevano gli aficionados più intimi, a volte fino alla mattina. Il Maestrone Francesco Guccini arrivava spesso sul tardi e quando aveva scritto una canzone veniva in Trattoria e la faceva ascoltare ai presenti. I giornalisti che lavoravano fino a notte, la consideravano una tappa fissa per mangiare e conversare. Il celebre antipasto freddo con i croissant, i tortellini, lo stinco e le verdure aglio – olio – peperoncino sono i pilastri delle cene notturne da Vito. La Cirenaica con la sua architettura retro’, le case popolari e dei ferrovieri del primo Novecento, i capannoni della stazione della Società Veneta Bologna – Portomaggiore era diventata pop e internazionale.

La Trattoria da Vito ha cambiato nei decenni la clientela. Prima era il ritrovo della gente del quartiere cioè muratori, operai, ferrovieri, bottegai, pensionati che al pomeriggio giocavano a carte e bevevano vino dai quartini e mezzi litri di vetro. Quando ci fu la diaspora della Ostaria delle Dame Francesco (Guccini) che abitava a poche decine di metri in Via Paolo Fabbri 43 portò in Trattoria quasi tutta la compagnia che frequentava le Dame. Arrivarono altri artisti e non solo che fra partite a Tarocchino Bolognese, briscola, bicchierate, conversazioni e nuove conoscenze culturali tenevano alto il livello del gruppo. Intellettuali e filosofi si alternavano ai tavoli con poeti e scrittori. Studenti di ogni città d’Italia e provenienti da tutti il mondo confluivano la sera e sostavano fino all’orario di chiusura.

C’era un nucleo fisso al quale ogni sera si aggiungevano altre persone. Paolo diceva che fu Francesco ad attirare questo universo variegato che si confontava su tutto. Le conoscenze e le frequentazioni fatte in Trattoria hanno portato Pagani a interessarsi di arte e diventare un collezionista. Molti pittori, scultori e critici si ritrovavano in Trattoria e di alcuni Paolo è stato mecenate. Lucio Dalla prese l’abitudine di firmare contratti nel retro della cucina. Musicisti che cercavano un lavoro e artisti che per tournée e registrazioni avevano necessità di trovarne si riunivano proprio in questo luogo per accordarsi. La Trattoria è diventata un simbolo e una delle ultime di quelle fuori porta della bellissima canzone del Maestrone. Io per mia fortuna ero presente praticamente tutte le notti. Ci si radunava solitamente dopo la mezzanotte e anche oltre. Oramai non ne sono rimaste più, al momento mi viene in mente solo I Vini d’Italia aperta nel 1954 in Via Emilia Levante all’angolo con Viale Lenin. 


Umberto Faedi