Auguri Ludwig!

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1770: l’anno in cui è nato Beethoven. Uno dei più grandi geni musicali di tutti i tempi. Per il suo 250° anniversario, il 17 dicembre, vogliamo tracciare un ritratto semiserio del maestro. Giacché un po’ di leggerezza non guasta in momenti come questi.

1804/05: Willibrord Joseph Mähler ritrasse Beethoven all’età di 34 anni. A quel tempo soffriva già da cinque anni, nel fisico e nella psiche, per il progredire della sua sordità.

In che data si colloca esattamente il B-Day? Cominciamo col dire che non sappiamo quando possiamo festeggiare Beethoven e il suo genetliaco. L’unica cosa che sappiamo perché è documentata è che un bambino di nome Ludwig van Beethoven (un solo nome di battesimo a differenza del suo collega di musica Johannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart) fu battezzato il 17 dicembre a Bonn. Dato che i neonati a quel tempo ricevevano il sacramento del battesimo il più presto possibile (considerata l’elevata mortalità fra i neonati, la benedizione della chiesa era più che impellente), le date di nascita più plausibili sono il 16 o il 17 dicembre.

Al “Theater an der Wien” Beethoven fu scritturato. Inoltre, egli abitò nei locali del teatro e qui eseguì per la prima volta diverse delle sue opere

La storiografia non è sempre tenera con gli eroi. Nel caso di Beethoven dipinse il ritratto di un misantropo. Mordace, rumoroso, incontrollato, snervato, impaziente, impertinente e non facile da sopportare per il suo prossimo. In poche parole, uno scorbutico. I ritratti, spesso eseguiti post mortem e quindi fasulli, lo mostrano con un’espressione accigliata, rughe profonde e una capigliatura arruffata. Anche l’attore Gary Oldman l’ha impersonato così nell’opulento biopic “Ludwig van B. – Immortal Beloved” del 1994.
Non si tratta di una rappresentazione del tutto falsa, ma certamente esagerata. Fonti autentiche sono i quaderni delle conversazioni di Beethoven (… a causa della sordità …), cui si aggiungono le lettere (ad es. “All’immortabile amata” o il suo “Testamento di Heiligenstadt”, scampato per un soffio al suicidio), e le annotazioni dei contemporanei, che già all’epoca raccontavano fandonie, come il suo segretario e poi autonominatosi biografo Anton Schindler. Quest’ultimo cantò il suo eroe come più gli aggradava. A chi vuole conoscere le recenti acquisizioni della ricerca su Beethoven (o procurarsi una base massiccia per la sua abat jour), consigliamo caldamente il ponderoso tomo “Beethoven. Ritratto di un genio” di Jan Caeyers e di procurarsi una borsa robusta, che non si sfondi per il peso.

1812: Beethoven scolpito nella pietra da Franz Klein. Freddo come la pietra anche il suo cipiglio

Impulsivo: sì

Chi osserva gli spartiti autografi di Beethoven si avvede subito che la scrittura non è quella di un introverso titubante. Si pensi all’Eroica, con la sua emblematica vicenda legata a Napoleone. Beethoven era stato per un certo periodo un sostenitore di questo personaggio egocentrico assolutamente carismatico. Tanto da dedicargli addirittura la sua Terza sinfonia, l’”Eroica”. Poi, però, Napoleone nel 1804 si incorona da solo imperatore e trasforma se stesso, testuali parole di Beethoven, in un tiranno. Tutta l’ammirazione, sparita in un lampo. In un accesso d’ira, il maestro Beethoven alza la mano e cancella la dedica dalla copertina, lo fa con tale violenza da lasciare un buco sulla pagina. Come destinatario della dedica poi subentrò il principe Franz Joseph von Lobkowitz, nel cui palazzo viennese (l’odierno Museo del Teatro) venne eseguita per la prima volta la sinfonia.

Monumento a Beethoven
1880: feroce e scorbutico – il monumento più famoso di Beethoven a Vienna nella piazza a lui dedicata

Uova e acqua

Il lancio di uova e il rovesciamento di secchi d’acqua sono altri gesti impulsivi tramandatici dai biografi. Per quanto riguarda il primo: la governante di Beethoven nella casa situata nell’odierna Probusgasse (oggi sede del Museo di Beethoven) dovette sopportarne tante dal suo severo datore di lavoro. Egli era solito annusare le uova prima che venissero cucinate per sincerarsi che fossero fresche. Se per caso era di cattivo umore, non ci pensava due volte prima di scagliarla contro la dipendente, si spera abbastanza agile da schivarla. Ludwig, a quanto pare, era anche un tantino pignolo: il suo caffè doveva essere preparato con un numero esatto di 60 chicchi. Così almeno raccontarono in seguito.

Quanto al rovesciare i secchi: Beethoven non deve essere stato proprio il più amabile dei vicini. Le circa sessanta volte che egli traslocò nella sua vita, avranno fatto salti di gioia quelli che si erano liberati di lui. Chi abitava sotto di lui, infatti, poteva ritrovarsi di punto in bianco con soffitto gocciolante. La leggenda narra che il maestro, accaldato nella foga del comporre, si procurasse refrigerio seduta stante vuotandosi addosso un secchio d’acqua. Deve aver funzionato …

1823: Beethoven si lasciò convincere da Ferdinard Georg Waldmuller a posare per un ritratto molto controvoglia. Si vede, no?

In ogni caso: un genio. Cin cin!

Comunque sia stato umanamente Beethoven, quello che ci ha lasciato è una musica rivoluzionaria, geniale, immortale e ispiratrice. Motivo per cui il meno che possiamo fare oggi è festeggiarne il compleanno. Quindi in alto i calici e giù con la torta, anche ai tempi della pandemia.

Beethoven, che amava il vino, avrebbe brindato insieme a noi. Purtroppo all’epoca c’era l’insana abitudine di addizionare il vino con il piombo per conservarlo più a lungo. Pessima idea. Da quanto beveva, non è da escludere che il maestro possa essere morto anche per colpa di un avvelenamento strisciante da piombo. Il racconto di un testimone oculare, il maestro di cappella Ignaz Seyfried, amico di Beethoven, conferma la tesi del disordine e delle bevute:

“Nella sua casa regnava un’incredibile confusione … libri e oggetti di musica sparsi dappertutto, da una parte i resti di uno spuntino freddo, dall’altra bottiglie ancora sigillate o mezze vuote, …“

Il Museo di Beethoven (un tempo fu il suo domicilio), oggi, presenta il Maestro in un percorso espositivo di 14 sale. A pochi metri di distanza, presso l’Heuriger “Mayer am Pfarrplatz”, egli abitò per un certo periodo. Fattore idillio!

Chapeau!

Giù il cappello di fronte alla sua opera. Sono d’accordo anche le star dei nostri giorni. Abbiamo intervistato dieci di loro riguardo a Beethoven:

Billy Joel si è ispirato alla “Patetica” per la sua canzone “This Night”. Rebekka Bakken paragona le melodie di Beethoven alle canzoni pop. La diva della lirica Valentina Naforniţa è profondamente colpita dall’unica opera lirica composta da Beethoven, il Fidelio, che ha cantato all’Opera di Stato di Vienna. E il tenore Juan Diego Flórez ha un consiglio da dare: prima di cantare l’“Adelaide” di Beethoven, bisogna inspirare profondamente se non si vuole rimanere secchi. La pianista Yuja Wang ammira la sua insofferenza per le regole e le convenzioni. Lunga vita, rivoluzionario! Il violinista Joshua Bell confessa di aver subito alcuni dei suoi peggiori insuccessi con il concerto per violino di Beethoven. Il suo collega Julian Rachlin sente un’“energia beethoveniana” speciale a Vienna. Il poliedrico musicista Aleksey Igudesman descrive la musica di Beethoven come qualcosa di divino e allo stesso tempo di sarcastico, folle, esacerbato e arrogante. Il compositore hollywoodiano Hans Zimmer è affascinato dall’incipit della Quinta, queste poche note: “Da da da daaa”. (Ebbene, le avete riconosciute?) Il produttore musicale Walter Werzowa sente nella musica di Beethoven il furioso tambureggiare del suo animo. Bumm bumm nello staccato. 

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