“Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”

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C’è tempo per vederla con comodo, addirittura fino al 7 settembre, del resto la scrittura egizia ha più di 5 mila anni, si può fare con calma. Parliamo di una mostra a Torino che si chiama “Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”, una raccolta eccezionale di reperti che raccontano l’origine e l’evoluzione di un sistema di scrittura complicato e affascinante, dal Neolitico a Cleopatra. Tutto è cominciato con graffi incisi su cocci per contare le pecore, e con sigilli impressi nell’argilla fresca per firmare accordi commerciali; poi il sistema si è evoluto in una straordinaria complessità, fino a produrre il Libro dei Morti, quello che serve a resuscitare le mummie e che (appunto) il film “La mummia” ha reso popolare. Al Museo Egizio di Torino il Libro c’è, ma se funziona non ce lo fanno sapere; magari, chissà, è operativo soltanto di notte, a battenti chiusi, quando i reperti si animano, un po’ come succede in un altro film, “Una notte al museo”.

La mostra “Il dono di Thot” è ospitata in un nuovo spazio del Museo Egizio, 500 metri quadrati in più. L’Egitto antico è così antico che già al tempo di Erodoto restavano solo idee vaghe su chi e perché aveva costruito le Piramidi e la Sfinge; in seguito, la conquista araba ha fatto perdere il significato di una scrittura usata per più di tre millenni, finché duecento anni fa, quasi miracolosamente, il francese Champollion trovò la Stele di Rosetta, cioè un blocco di pietra nera levigata, su cui era riportato un lungo testo in egizio arcaico (geroglifico), affiancato dallo stesso testo in egizio un po’ meno antico (demotico), e addirittura da una traduzione in greco.

Una botta di… fortuna pazzesca, che cosa si poteva chiedere di più? Senza eguali nella storia dell’archeologia. La Stele (che qui si può vedere in copia) fornì la chiave per interpretare tutto il resto, cioè migliaia e migliaia di scritture su muri e su papiro, e in breve ci aprì un intero mondo.

A Torino sono in mostra 170 reperti, fra cui “Il Papiro del Re”, lista ufficiale dei faraoni (dettaglio curioso: il famoso Tutankhamon non vi compare, eppure sappiamo per certo che è esistito; potrebbero esserci interi capitolo di storia egizia che ci sfuggono).

Poi c’è un fantastico documento su un caso di cronaca nera faraonica: riguarda “La congiura dell’harem” contro Ramesse III, ordita da una delle sue mogli e conclusa con una serie di condanne. Ci sono strumenti di scrittura in alabastro e in legno, e ci sono persino brutte copie redatte da studenti per fare esercizio… L’antico Egitto emerge vivo da questa rassegna.

Perché “Il dono di Thot”? Perché si credeva che la scrittura fosse stata creata da un dio (Thot, appunto) e da lui regalata agli uomini, ma il percorso della mostra racconta una storia tutta diversa: non c’è stato un singolo atto creativo ma una conquista graduale e faticosa. Di cui noi posteri beneficiamo. Grazie a quei tanti, piccoli e anonimi “Thot” che nel corso dei secoli hanno concepito e gradualmente perfezionato l’idea.

“Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”, a Torino presso il Museo Egizio, via Accademia delle Scienze 6, fino al 7 settembre.

www.museoegizio.it/esplora/mostre/il-dono-di-thot-leggerelantico-egitto/

Luigi Grassia