Il Gotha del tennis è a Torino

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Peccato solo che quest’anno non ci siano gli italiani Berrettini, Sinner, Musetti, ma speriamo di vederli in campo nelle prossime edizioni di Nitto Atp Finals. Senza di loro, e quindi senza tifo, ci si abbandona al puro piacere estetico del tennis e ad esempio l’altra sera al PalaAlpitour di Torino abbiamo assistito a uno scontro fra due campioni (Stefanos Tsitsipas e Daniil Medvedev) che figurano fra i primi dieci nelle classifiche mondiali e pur non essendo famosi come Nadal o Djokovic hanno dato vita a uno scontro di altissimo livello per tecnica ed emozioni; la ciliegina sulla torta è stata la premiazione Carlos Alcaraz Garfia che a 19 anni è diventato il più giovane numero uno nella storia della classifica Atp.

Per tornare al punto di vista italiano, resta un piccolo cruccio nazionalista nel vedere come in Spagna i super campioni di tennis si passino il testimone dalla generazione di Nadal a quella di Alcaraz mentre in Italia con un numero di praticanti (e quindi una base di reclutamento) non inferiore a quella spagnola restiamo molto al di sotto come risultati. Le Atp Finals sono considerate il torneo di tennis più importante del mondo dopo il Grande Slam e dallo scorso anno, per diversi anni, se le è aggiudicate Torino.

È un grosso colpo per la città, non solo per gli introiti diretti (flusso di appassionati e conseguenti incassi al botteghino, negli alberghi e nei ristoranti) ma anche per il ritorno complessivo di immagine. Chi scrive può testimoniare che viaggiando fuori dall’Europa prima delle Olimpiadi invernali del 2006 e presentandosi ad americani, asiatici, australiani eccetera dicendo “vengo da Torino” si incontravano (quasi sempre) sguardi interrogativi, ed era necessario specificare “una città a 100 miglia a Ovest di Milano”. Dopo le Olimpiadi non era più necessario, tutti sapevano. Ora può darsi che un quindicennio dopo quei Giochi della neve l’effetto sbiadisca, per ravvivarlo sono opportune nuove iniziative e le Atp Finals hanno un grande impatto.

Non si tratta solo di attrarre tifosi di tennis anche l’anno prossimo ma di far sì che i telespettatori dal Canada al Giappone al Sudafrica apprendano il nome di Torino e nel programmare le vacanze in Italia dicano “bene, allora visiteremo Roma, Firenze e Venezia, ma perché non anche Torino?”. Gli spettacoli offerti dalle Atp Finals sono di due tipi. Il principale sono le partite al PalaAlpitour, sede di eventi sportivi (ma soprattutto di grandi concerti di musica pop e rock: da qui, in anni recenti, sono passati Madonna, U2, Rihanna e tutto il gotha del settore). E poi ci sono gli allenamenti dei campioni che si tengono lì vicino, nella sede del Circolo della Stampa Sporting di corso Giovanni Agnelli; sia per le partite sia per assistere al training si comprano i biglietti da TicketOne.

L’unico punto debole dell’organizzazione riguarda non gli eventi sportivi in sé ma la viabilità. La presenza di vigili urbani e carabinieri attorno al PalaAlpitour è massiccia ed encomiabile ma resta il dubbio che sia stata messa al servizio di un piano del traffico non troppo meditato. Ogni evento sportivo o musicale, in qualunque città, comporta qualche chiusura di strade e qualche divieto temporaneo di parcheggio, ma stavolta è possibile che si sia esagerato; nelle strade circostanti e nei controviali le transenne sembrano troppe e in certi casi non se ne indovina l’utilità.

La gente dove dovrebbe parcheggiare? La nostra esperienza personale è stata dapprima lasciare l’auto in una posizione dove (in apparenza) non si dava alcun fastidio alla circolazione, salvo accorgerci che tutte le auto in fila avevano i foglietti delle multe infilate nei parabrezza; ci siamo allontanati un po’, abbiamo lasciato la macchina nell’ennesimo controviale dove tutte le auto erano in divieto di sosta (e di nuovo, non se ne indovinava il senso) e l’abbiamo lasciata lì, in divieto, senza recare alcun disturbo, e all’uscita l’abbiamo ritrovata senza multa.

Il giorno dopo in zona per assistere agli allenamenti abbiamo notato altri controviali in cui erano esposti avvisi di rimozione forzata che però, a guardare da vicino, si riferivano a una data precedente; evidentemente nessuno intende rimuoverli. Spiace trovarsi a pensare che la regolazione del traffico venga concepita come creare il massimo
disturbo possibile e immaginabile agli automobilisti senza scopo apparente. Ma a parte questo, nella presunta città dell’auto tutto sta andando liscio.

Luigi Grassia